Sulle tracce dei Bimbaches, gli antichi abitanti di El Hierro

sulle tracce dei bimbaches

A El Hierro si trova una delle pagine più affascinanti della storia delle Canarie.

L’isola è stata per secoli la dimora dei Bimbaches, un popolo aborigeno che discendeva dei Guanci, gli antichi abitanti dell’Arcipelago canario.

I Bimbaches hanno lasciato numerose tracce del loro passaggio, rendendo il fascino selvaggio di El Hierro ancora più suggestivo.

Questa è la loro storia.

Se hai scelto El Hierro per il tuo viaggio alle Isole Canarie, attratto dai suoi paesaggi, dalla sua natura incontaminata e dai suoi ritmi zen, non puoi privarti per nessuna ragione al mondo di una visita ai luoghi che raccontano la storia dei Bimbaches, gli antichi abitanti che popolavano l’isola prima della conquista spagnola.

I Bimbaches erano un popolo per molti versi unico rispetto ai loro “parenti” Guanci, gli aborigeni delle Isole Canarie. Tuttavia, le due popolazioni native erano legate da comuni origini genetiche e culturali.

Storia e tradizioni dei Bimbaches, “figli” dei Guanci

Nome e provenienza

I nativi delle Canarie (Guanci) discendono tutti dalle popolazioni berbere del Nord Africa. Questa ipotesi, formulata sulla base delle enormi somiglianze tra le incisioni rupestri di questi popoli, ha poi trovato una conferma nelle analisi genetiche condotte negli ultimi anni sul DNA canario, che ne attestano le origini berbere e nordafricane.

La parola “bimbache” significherebbe in berbero “Figli dei Figli di Tenerife” (da “Bin Ban-Cheni”). Per questa ragione si ritiene che i Bimbaches siano diretti discendenti dei Guanci di Tenerife.

I Bimbaches abitavano l’isola prima dell’invasione spagnola, avvenuta tra il 1402 e il 1496. Come già raccontato nell’articolo dedicato alla storia di El Hierro, i primi insediamenti sull’isola risalgono al V secolo A.c., almeno a giudicare dai reperti archeologici.

Non è chiaro come siano arrivati sull’isola, dato che all’epoca della conquista non sembravano conoscere l’arte della navigazione. Quel che è certo, però, è che si erano adattati perfettamente alle asperità dell’isola e avevano creato, a dispetto di esse, un’organizzazione sociale egualitaria e pacifica.

Ma come sopravvivevano i Bimbaches in un territorio così difficile, dominato dalla presenza silenziosa dei vulcani?

Sussistenza

I Bimbaches erano completamente isolati dal resto dell’arcipelago e non intrattenevano rapporti commerciali con altri popoli, perciò il loro sistema economico principale si basava sullo scambio e la condivisione di prodotti locali.

I nativi herreñi vivevano prevalentemente di pastorizia, raccolta e pesca, e cercavano di sfruttare al massimo le risorse di un’isola per gran parte inadatta all’agricoltura. Il bestiame (bovini, capre, pecore e maiali), non solo garantiva loro la sopravvivenza, ma ricopriva anche un importante significato sociale, come vedremo più avanti. Dal bestiame si ottenevano anche il latte, che i Bimbaches chiamavano achemen, e il burro di mulo.

Anche la raccolta dei prodotti naturali era una parte importante del loro sostentamento. Grazie ai frutti locali, infatti, i Bimbaches producevano alcune bevande tipiche. Dalla faya de las islas, un frutto tipico delle Canarie, ricavavano una sorta di vino, immancabile nelle cerimonie rituali e nelle occasioni di festa, e dalle radici di felce (dette haran) un macinato che poi cuocevano con il latte.

I primi storici di El Hierro si contraddicono riguardo alla presenza di prodotti agricoli nell’antichità. Alcuni affermavano che i nativi herreñi riuscissero comunque a coltivare fagioli e grano, altri sostenevano invece che non conoscessero alcun cereale. Ulteriori indagini hanno confermato l’esistenza in epoca aborigena perlomeno dell’orzo, che veniva usato nei rituali funebri, particolare di cui siamo a conoscenza perché gli archeologi hanno rinvenuto tracce di questo cereale in prossimità dei siti funerari.

La sussistenza dei Bimbaches era resa ancor più difficile dalla scarsità di acqua.

Acqua, tra sopravvivenza e mito

I Bimbaches avevano un rapporto del tutto particolare con l’elemento acqua (ahemon).

Se da un lato ne erano circondati (e in un certo senso anche prigionieri), dall’altro dovevano faticare molto per procurarsela, per via dell’assenza di sorgenti di acqua dolce. Per questo avevano messo a punto un sistema di raccolta dell’acqua piovana tramite gli alberi, che l’assorbivano e la convogliavano in pozze scavate nella roccia. L’acqua veniva poi raccolta per il fabbisogno di persone e animali. Il più celebre di questi alberi, denominato Garoé, era talmente importante per la sopravvivenza dei Bimbaches da essere considerato un albero sacro.

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Alcuni storici ritengono che il nome stesso di El Hierro possa derivare dalla pratica di distillazione dell’acqua che l’isola imponeva ai suoi abitanti: in lingua guanche, infatti, la parola hero o herro significava “cisterna”. Tale ipotesi sembrerebbe avvalorata dal fatto che nel Gran diccionario guanche la parola heró viene tradotta come “fonte”.  

Malgrado gli sforzi profusi, però, la scarsità dell’acqua rimaneva un problema che creava angoscia e tormento, così i Bimbache si affidavano al Dio Aranfaybo che, secondo la tradizione, aveva il potere di far piovere. Il suo nome, infatti, significava “colui che produce la pioggia”. Non è un caso che i nativi lo considerassero un dio piuttosto crudele e capriccioso.

Mitologia

Il pantheon dei Bimbaches era composto da tre divinità: due benigne e una maligna. Il dio Eraorahan e la dea Moneiba venivano considerati i protettori rispettivamente degli uomini e delle donne. Nell’immaginario bimbache, essi vivevano placidi su due altissime rocce separate e occasionalmente discendevano sulla Terra per ascoltare le preghiere degli isolani.

La terza divinità bimbache era il già citato, temibile Aranfaybo, che veniva invocato nei momenti di disperazione e siccità e la cui benevolenza era propiziata attraverso l’offerta di sacrifici animali. Secondo gli storici, era considerato alla stregua di un diavolo o un demone, al punto da manifestarsi sotto le sembianze di un suino.

I Bimbaches veneravano inoltre gli antenati e in generale conducevano una vita cerimoniale molto intensa.

Organizzazione sociale

A differenza degli altri aborigeni delle Canarie, la società bimbache era molto egualitaria. Mentre nelle altre isole esisteva una rigida suddivisione in classi sociali, a El Hierro la terra e gli altri beni venivano gestiti e distribuiti in modo democratico mediante accordi collettivi, stipulati durante assemblee presiedute dal Re dell’isola.

Il Re dei Bimbaches era più un mediatore che un vero e proprio leader, una figura che incarnava la giustizia e distribuiva le risorse.
La società era quindi organizzata secondo un sistema di democrazia partecipativa. Esistevano tuttavia alcune differenze di status, determinate dal possesso di bestiame, che influenzavano sia il matrimonio che la sepoltura.

L’organo decisionale bimbache portava il nome di tagoror. Si trattava di un tribunale costituito da una roccia elevata, su cui sedeva il Re, e da altre pietre disposte attorno secondo un ordine circolare. Il tagoror era sia luogo di assemblee e cerimonie sia altare sacro. Qui i Bimbaches veneravano le divinità tramite sacrifici animali, come si può ipotizzare dai rilevamenti archeologici che sono tuttora visitabili nel parco di El Julan.

geroglifici aborigeni el hierro

Una volta terminate le riunioni dove discutevano i problemi della comunità, i Bimbaches amavano divertirsi bevendo, mangiando e soprattutto ballando. Tra i conquistadores divennero infatti famosi proprio per le loro danze sfrenate e ipnotiche accompagnate da fischi, tamburi e canti, tuttora parte integrante delle feste tradizionali dell’isola.

In queste riunioni i nativi herreñi consumavano il bestiame migliore, specialmente gli ovini, che venivano uccisi per l’occasione.

Lingua bimbache: il silbo herreño

Proprio come il guanche, anche la lingua bimbache aveva origini nordafricane. I graffiti rupestri che ci hanno lasciato questi popoli, seppur mai decodificati, mostrano innegabili somiglianze con le lingue berbere.

Anche se purtroppo non conosciamo molto dell’antica lingua, sappiamo che per i nativi herreñi il silbo svolgeva una funzione comunicativa fondamentale.

Il silbo è una vera e propria lingua fischiata, che i nativi usavano per comunicare da un capo all’altro delle isole, scambiandosi messaggi a distanze che potevano arrivare a coprire fino a cinque chilometri.

Il suo uso era talmente radicato nell’identità canaria da essere sopravvissuto alla conquista spagnola. Dopo l’arrivo dei conquistadores, infatti, il silbo non scomparve ma si contaminò con lo spagnolo e fu ampiamente utilizzato fino al Novecento, quando l’invenzione del telefono lo rese obsoleto.

Purtroppo, il resto della cultura bimbache era invece destinata a svanire nel nulla.

La fine dei Bimbaches

Con l’arrivo nel 1405 dei primi conquistadores, iniziò una nuova pagina della storia di El Hierro e fu l’inizio della fine per i Bimbaches.

Il conquistador Jean de Béthencourt promise di rispettare la libertà dei nativi herreñi e, in virtù di tale promessa, non incontrò resistenza da parte del popolo. Purtroppo la promessa venne infranta e presto i Bimbaches vennero venduti come schiavi. L’isola vide i primi insediamenti europei, la cristianità venne imposta a tutta la popolazione e la mitologia locale soppressa, con buona pace del temibile Aranfaybo.

Alcuni studiosi hanno ipotizzato che, nel dramma di questo popolo pacifico annientato dalla violenza coloniale, possa aver giocato un ruolo importante una profezia che faceva parte della stessa mitologia bimbache.

Come già detto, gli antichi abitanti di El Hierro vivevano in una terra difficile e non conoscevano la navigazione, perciò non è da escludere che si percepissero intrappolati sull’isola e aspirassero a condizioni di vita migliori. Alcune testimonianze storiche riportano la presenza, nella mitologia dell’isola, di una figura profetica di nome Yone, vissuta circa cent’anni prima della conquista, che avrebbe promesso ai nativi l’arrivo di un dio liberatore.

Questo spiegherebbe il fatto che né i Bimbaches né il loro ultimo re, Amiche, opposero alcuna resistenza ai conquistadores, e che furono piuttosto propensi a imbarcarsi e a salpare verso altri lidi. I Bimbaches potrebbero aver visto nei conquistadores una speranza anziché una minaccia, commettendo così un errore tragico e fatale.

Alla ricerca dei Bimbaches: tutti i luoghi da visitare a El Hierro

Se gran parte della storia bimbache purtroppo non è sopravvissuta fino ai nostri giorni, a El Hierro è possibile visitare numerosi luoghi che portano impresse le tracce del passaggio dei nativi.

Se sei un appassionato di archeologia o semplicemente vuoi saperne qualcosa di più sulla storia dell’isola, ecco i centri di interesse che devi mettere in conto di visitare durante una vacanza a El Hierro.

L’ecomuseo di Guinea

Presso l’ecomuseo troverai le ricostruzioni degli insediamenti dove vivevano i Bimbaches durante la conquista spagnola. Passeggiare tra queste case basse e aggraziate in pietra nera significa regalarsi un assaggio della vita quotidiana dei nativi herreñi durante quell’epoca.

Insieme all’ecomuseo puoi visitare anche il Lagartario, dove viene cresciuta in cattività la lucertola gigante di El Hierro, l’animale simbolo dell’isola. Secondo la leggenda, il Lagarto Gigante si sarebbe estinto, tra i tanti motivi, perché i Bimbaches ne erano ghiotti.

Parco Culturale di El Julan

El Julan è un grande parco archeologico che attraversa diversi distretti dell’isola. Al suo interno è possibile ammirare i graffiti, mai decifrati e tuttora avvolti nel mistero, che i Bimbaches incidevano nella pietra vulcanica.

Altre perle di questo parco sono le tombe collettive della Cueva del Tablòn e la necropoli di La Lajura, entrambe preziose testimonianze delle tradizioni funerarie dei Bimbaches.

Il reperto archeologico più spettacolare, però, è proprio il tagoror di El Julan, il luogo dove i nativi herreñi svolgevano le più importanti cerimonie e riunioni della loro vita comunitaria. È vicino al tagoror che si trovano alcune tra le incisioni rupestri più affascinanti.

Garoé – L’albero santo

Anche l’albero sacro dei Bimbaches, quel Garoé che garantiva la disponibilità dell’acqua e quindi la sopravvivenza dei nativi, può essere visitato. Tuttavia, l’albero che possiamo osservare oggi non è il Garoé originale: nel 1610, un uragano lo sradicò e venne ripiantato, nello stesso luogo, solo nel 1949.

A scuola di silbo herreño

Il silbo è tutt’oggi parlato (anzi, fischiato) sull’isola di El Hierro e in tutte le Canarie ed è diventato oggetto di tutela e riscoperta culturale, soprattutto da quando, nel 1997, il parlamento canario votò una mozione per il suo insegnamento nella scuola primaria. Nel 2009 è stato dichiarato Patrimonio dell’Unesco.

Si può quindi affermare che l’antica lingua aborigena, sopravvissuta nel silbo moderno, sia l’elemento più longevo della cultura dei Bimbaches.

Puoi tenerti aggiornato sugli eventi legati al silbo (incluse vere e proprie lezioni) seguendo la pagina Facebook Silbo Herreño.

Il Festival Bimbache Open Art: l’eredità spirituale dei nativi herreñi

Il Festival Open Art è una realtà culturale che si propone di creare una comunità di artisti, educatori e scienziati uniti dal valore della sostenibilità. Il festival prevede, tra le altre cose, dei tavoli interdisciplinari di discussione che portano il nome di tagoror, come l’assemblea degli antichi abitanti di El Hierro, segno di un forte legame con l’eredità nativa e i suoi valori di partecipazione e condivisione.

C’è anche la possibilità di svolgere delle residenze artistiche sull’isola. Se sei in cerca di un luogo al riparo dallo stress dove portare avanti i tuoi progetti creativi, potrebbe fare al caso tuo.

 

La storia degli antichi abitanti di El Hierro è in parte ancora avvolta nel mistero, ma forse è proprio questo a renderla così affascinante.

Per quel che ne sappiamo, i nativi herreñi erano un popolo pacifico e resiliente, capace di prosperare in un ambiente dove la natura non faceva sconti all’uomo. Visitare i luoghi dove i Bimbaches hanno lasciato le loro tracce è un’esperienza suggestiva, che consiglio caldamente per comprendere davvero l’anima di questa magica isola alla fine del mondo, dove natura e mito sono indissolubilmente legati.

 

(In collaborazione con Martina Drigo)

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