Europa, ultima fermata: La Restinga

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Ci si prova sempre ad approdare a un luogo vergini di mente e cuore, ma come si fa a non covare aspettative sul luogo più a sud d’Europa?

Arriviamo a La Restinga con la guagua delle 10.30 e la prima impressione è che il punto più estremo di El Hierro, da sonnacchioso pueblo di pescatori qual era, si sia involuto in un villaggio di vacanzieri che hanno marcato il territorio con insegne teutoniche e palazzoni inneggianti al turismo di massa.

Eppure… eppure c’è sempre un eppure.

La Restinga si stringe all’interno di una riserva marina che vanta una notevole biodiversità e fondali spettacolari, uno dei luoghi migliori di tutto il continente, a quanto sembra, per avventurarsi alla scoperta del mondo subacqueo. Il paradiso del diving.

Il contrasto tra il verde dell’acqua e il nero della roccia lavica è piuttosto suggestivo, le barche ormeggiate sonnecchiano sotto il sole caldo di mezzogiorno, i granchi stiracchiano le chele rosse sulle rocce celebrando la vita e la lentezza di questo paese proteso verso la costa africana.

Mentre consumiamo il nostro picnic in bilico sulle punte frastagliate delle recenti scogliere, allunghiamo lo sguardo oltre il minuscolo porticciolo per sincerarci che tutto sia a posto e che non appaiano all’orizzonte gorgoglii sospetti. Perché da qualche parte laggiù, nelle profondità del mare, riposa un vulcano sottomarino, quello che a cavallo tra il 2011 e il 2012 cominciò a borbottare facendo impennare l’Oceano con sbuffi alti fino a 25 metri. L’esigua popolazione del villaggio canario venne evacuata per ben due volte, fin quando “la grande Jacuzzi”, come la chiamano qui, non decise di tornare silente.

Così, tra un cece, una punta di cavolfiore e un carciofino, teniamo d’occhio l’orizzonte, perché se è vero che cenere siamo e cenere ritorneremo, potendo dire la nostra preferiremmo aspettare ancora un po’, che qui di strada da fare ce n’è ancora parecchia.

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