Paesi

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Il titolo di questa sezione dovrebbe già fare capire a chi nulla o quasi sa di El Hierro che ci troviamo di fronte a un’isola mignon, dove la terminologia viene rivoluzionata giocando al ribasso. A El Hierro le città si chiamano paesi, i paesi si chiamano frazioni e le frazioni agglomerati di case.

El Hierro conta tre comuni: Valverde, il capoluogo, Frontera e El Pinar. Ogni comune riunisce sotto di sé diversi paesi e frazioni, le cui dimensioni spaziano dal piccolo al minuscolo. Non esistono grandi città a El Hierro, la stessa Valverde conta meno di 5000 abitanti.

Giochiamoci subito la carta della sincerità dicendo che da un punto di vista storico e architettonico le sorprese sull’isola scarseggiano e che un giro alla scoperta dei beni culturali di El Hierro, quanto meno nell’accezione comune, va escluso a priori.

A El Hierro la cultura ha un nome solo: natura.

cosa-vedere-el-hierro-paesiMa sebbene girare per i viottoli dei centri abitati non contempli il rischio di inciampare in qualche reperto archeologico, visitare i pueblos herreñi rappresenta comunque un’esperienza incantevole, per tornare indietro nel tempo e vedere cosa succede quando si decide di rallentare il passo.

I tre principali centri isolani sono tutti molto graziosi, fatti di case basse arroccate lungo le strette e ripide stradine che si dipartono dalla via principale, dove si allineano negozi, innumerevoli bar canari, qualche piccola piazza e graziose chiesette costruite in bianco e nero secondo la tradizione del luogo.

Ogni comune ha il suo mercatino dei contadini (El Pinar e Valverde il sabato mattina, Frontera la domenica), i suoi punti di ritrovo, la stessa aria rilassata e un po’ fuori dal tempo.

Gli herreñi amano chiacchierare e scivolare lenti lungo la giornata, le file in macchina o alla cassa del supermercato a causa di saluti prolungati e calorosi sono all’ordine del giorno, perciò non spazientirti (il clacson è rigorosamente bandito), sfodera il tuo sorriso migliore e lasciati coinvolgere dall’atmosfera goliardica e informale che anima l’isola.

I comuni di El Hierro

Valverde

Abbarbicata a 571 metri di altezza di fronte all’oceano, nell’estremità nord-occidentale dell’isola, Valverde è l’unico capoluogo dell’arcipelago canario che non si trova sul mare – anche se lui è sempre lì, a ogni scorcio, che si spalanca dietro le casette colorate.

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È il primo paese che si incontra dopo avere risalito la strada che dall’aeroporto, a fil di mare, sale lungo il costone della montagna.

Non c’è molto da fare a Valverde, tranne perdersi per le sue viuzze e fermarsi a mangiare qualche tapas.
Valverde è un cerchio di vie aggrappate con i denti alla montagna ripidissima. È un piccolo e aggraziato contenitore di colori accesi e calce bianca che si stagliano sul rosso della roccia e il blu profondo del mare.

Qui, a causa dell’altezza e della parete quasi verticale, si danno spesso appuntamento grossi nuvoloni e forti raffiche di vento, a partire da novembre il cielo è spesso tormentato o avvolto da spessi strati di nebbia.

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Quando però le nuvole si allontanano e il sole splende, il cielo esplode in una tinta di blu accesa, senza velature di umidità. In quei giorni Valverde risplende letteralmente e osservarne gli scorci è un piacere per gli occhi da gustare senza fretta.

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Dopo avere girovagato per il suo minuscolo centro, scendi alla bella piazzetta terrazzata, bianca su colonne bianche, sotto cui svetta la quadrettatura bianco-marrone dell’Iglesia de Nuestra Señora de la Concepción. La chiesa è una riuscita combinazione di barocco e classicismo e all’interno sfoggia due particolarità per i più curiosi: una statua di un Cristo meditabondo alquanto singolare e un grande occhio onniscente dipinto sul soffitto come in un tempio caodaista.
A Valverde si trova l’unico ospedale dell’isola, Insular Hospital Nuestra Señora de los Reyes e uno dei 3 benzinai. È sede anche di un piccolo delizioso museo etnografico, la Casa de Las Quinteras, dove si possono imparare un po’ di cose interessanti sull’artigianato tradizionale herreño.

Frontera

Ma si chiama Tigaday o Frontera? Questo il dilemma cui nessuno troverà mai risposta. Tecnicamente Frontera è il comune, mentre Tigaday è il piccolo paese che ne costituisce l’anima, ma spesso i due termini vengono usati come sinonimi.

Frontera è il comune più grande dell’isola e comprende tutto il Golfo, lo spettacolare anfiteatro che copre l’intera costa occidentale dell’isola. È qui, nell’ampia e fertile vallata che da Tigaday si spinge verso il mare, che si trova la maggior parte delle piantagioni di ananas e di banane dell’isola, quest’ultime coltivate in serra per proteggerle dal forte vento.

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Tigaday si sviluppa attorno a una strada principale su cui affacciano piccoli negozi e diversi bar-ristoranti specializzati in cibi locali e piatti venezuelani, come arepas, cachapas e empanada.

Come gli altri comuni, nemmeno Tigaday è destinata a passare a futura memoria per l’offerta di intrattenimenti, qui la vita scorre tranquilla e senza fretta e gli eventi conviviali spesso si riducono a qualche scambio di battute con i locali al bar di fronte a una Dorada.

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L’evento mondano della settimana si tiene ogni domenica mattina, quando nella sopraelevata Plaza Benito Padrón viene allestito fino alle 13 il mercadillo di Fronter. Il mercato domenicale non è solo il luogo dove fare incetta dei prodotti degli artigiani e dei produttori locali, ma anche dove i locali si incontrano per due chiacchiere e aggiornarsi sugli avvenimenti della settimana. I venditori sono perfettamente allineati alla lentezza dell’isola, rivestono il cliente di attenzione e cura incuranti della fila che si forma davanti allo stand.

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Poco distante dal centro, arrampicandosi lungo la stradina che sfila accanto al benzinaio (tieni a mente la sua posizione, perché è uno degli unici 3 semafori dell’isola), si arriva alla piccola Iglesia de Nuestra Señora de La Candelaria, la patrona di Frontera.

Per chi avesse voglia di approfondire la storia aborigena e naturalistica dell’isola, si possono visitare l’Ecomuseo de Guinea e il Legartario, a pochi chilometri da Tigaday scendendo verso Las Puntas.

El Pinar

Terzo e ultimo comune dell’isola, reso tale nel 2007 per questioni prettamente logistiche, comprende un’ampia sezione dell’isola che prima era sotto il comune di Frontera, La Restinga compresa.

E come Frontera ha Tigaday, così El Pinar ha il suo cuore vitale nel piccolo pueblo di Taibique. Ubicato nella parte meridionale dell’isola, il paese si trova al centro di una zona di grande valore paesaggistico e ambientale, tra i grandi boschi di pini canari e l’ampia area vulcanica che scende fino alla punta più meridionale dell’isola, dove riposa il piccolo centro de La Restinga. Il comune di El Pinar riveste grande importanza anche da un punto di vista storico e archeologico, con le preziose incisioni rupestri del Parco naturale di El Julian.

Taibique (ma molti preferiscono riferirsi al paese con il nome “El Pinar”) è un pueblo rurale delizioso, fatto di piccole casette arroccate che si affacciano su viottoli ripidi e giardini gonfi di mandorli e fichi. Se vuoi scoprire la vita più autentica e tradizionale dell’isola è qui che devi venire. Se cerchi invece attrazioni e divertimenti scappa prima che puoi, ma non prima di avere fatto una tappa all’interessante Centro de Interpretación Geólogica, ospitato nell’antico Casinò del paese. Qui troverai tutte le informazioni necessarie per comprendere sia la storia geologica dell’isola, sia tutti i motivi etnografici, culturali e geologici che hanno permesso a El Hierro di ottenere dall’Unesco il riconoscimento di Geoparco.

Altri paesi di interesse

La Restinga

È il paese più meridionale non solo di El Hierro ma di tutta Europa e già solo per questo meriterebbe una visita. In realtà i motivi che spingono a spingersi fin qui, attraversando una landa vulcanica struggente e desolata di sconfinata bellezza, sono diversi. A cominciare dal mare e dai suoi fondali.

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Questo caratteristico villaggio di pescatori si stringe all’interno di una riserva marina che vanta una grande biodiversità e fondali spettacolari. È considerato uno dei luoghi migliori di tutto il continente per avventurarsi alla scoperta del mondo subacqueo. È qui che si radunano durante tutto l’anno gli appassionati di diving e gli aspiranti sub, che possono beneficiare di diverse scuole specializzate e di un discreto numero di appartamenti affittabili anche per pochi giorni.

Dal 1995 La Restinga ospita inoltre l’Open Fotosub, una competizione di fotografia sottomarina che richiama ogni anno appassionati da tutto il mondo.

Vale la pena fare un salto da queste parti anche per godersi alcuni tra i migliori ristoranti di pesce dell’isola.

Quelli che si affacciano sul porto godono di una vista privilegiata ma non sono un granché, meglio affidarsi alla sicurezza di due icone dell’isola: Tasca La Laja e El Refugio, entrambi specializzati in pesce freschissimo e prezzi super onesti.

Sulla strada merita uno stop l’interessante e interattivo Centro de Interpretacion Vulcanologico dedicato al fuoco vivo che arde perpetuo sotto El Hierro.

L’eruzione del 2011 e la restingolite

Un altro primato de La Restinga è che davanti alla sua costa si è concentrata l’eruzione vulcanica che nel 2011 ha sconvolto la tranquillità di El Hierro. Oltre a diverse evacuazioni e a un sacco di paura, l’evento tellurico ha portato anche alla nascita di un nuovo vulcano sottomarino, che non è proprio cosa di tutti i giorni: El Tagoro.

A parziale compenso dello sconquasso ricevuto, La Restinga ha ricevuto in dote la restingolete, un tipo di piroclastico unico al mondo. La restingolite è considerata il residuo vulcanico più radioattivo al mondo, con una quantità di uranio sei volte maggiore rispetto a quella presente in qualsiasi roccia vulcanica canaria.

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Il ritrovamento di queste affascinanti palle nere con interno bianco, che hanno anche ispirato la creazione di un dolce locale, ha attirato l’attenzione non solo dei geologi, ma anche di semplici collezionisti, che ai tempi dei fatti riuscirono ad aggiudicarsi su Ebay alcuni rari esemplari per cifre che toccarono punte record di 600 €.

San Andrés

Accovacciato sonnacchioso a 1100 metri di altezza sull’altipiano di Nisdafe, culla di pascoli e agricoltura, San Andrés rappresenta uno degli agglomerati urbani più antichi dell’isola.

Ci sono due motivi per cui San Andrés merita di essere citato.

Il primo è che ospita la Feria de La Apañada, l’antica festa popolare che si tiene ogni anno nel primo week end di giugno, appuntamento irrinunciabile per assaporare la vera El Hierro tradizionale. La festa, che dura un intero week end, presenta una ricca esposizione di macchinari agricoli, bestiame, specialità della gastronomia herreña e prodotti dell’artigianato locale.

Il secondo motivo della “celebrità” di San Andrés è che è considerato dagli isolani il paese dei pazzi, a causa dei cumuli di nuvole e i banchi di nebbia che ammantano la zona per gran parte dell’anno e che metterebbero alla prova anche gli spiriti più ottimisti.

Sabinosa

Percorrendo la strada che dal Golfo conduce verso l’estremità occidentale dell’isola, si intravede un piccolo agglomerato di case bianche, l’unico del versante ovest, in una posizione così improbabile che ci si aspetta che possa cascare da un momento all’altro.

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È Sabinosa, uno dei luoghi più impervi, surreali e autentici di tutta El Hierro. Il nome deriva dalle sabine, i celebri ginepri contorti che punteggiano questo versante dell’isola.

Il paese è microscopico e non offre nulla di particolare da vedere, a parte gli anziani seduti sulle panchine intenti a spettegolare. I motivi per inerpicarsi fino a Sabinosa sono essenzialmente due: per imboccare uno dei sentieri di trekking che passano da qui, oppure per fare un salto indietro nel tempo, quando ancora le chiacchiere con i compaesani erano il modo più interessante per passare il tempo.

Alla fine del mese di ottobre Sabinosa ospita la Tafeña, un’antica festa con balli, canti e costumi tradizionali per celebrare l’apertura delle cantine e l’arrivo del vino novello.

Las Puntas / Punta Grande

Quella della confusione dei nomi è una caratteristica imprescindibile di El Hierro, ci ho messo un po’ a entrare nell’ottica del “si chiama così, ma si può dire anche così”, ma ormai ci ho fatto pace.

El Hierro è il regno dell’incertezza e delle possibilità e non è detto che stiamo parlando di difetti.

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Las Puntas è una piccola frazione di Frontera, che si incontra percorrendo la strada che conduce a Valverde, subito prima di imboccare il tunnel. Non c’è una piazzetta da raggiungere, né un vero centro del paese, ma ci sono un paio di buoni ristoranti e soprattutto una delle celebrità dell’isola: l’Hotel Punta Grande.

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Quello che i paesani chiamano affettuosamente l’hotelito strinse tra le mani per diverso tempo il trofeo di hotel più piccolo del mondo. E se anche non lo è più, poco importa: la sagoma appuntita che affronta impavida la furia dell’oceano è un motivo più che sufficiente affinché questo caratteristico albergo non cada nel dimenticatoio. Il proprietario è burbero, ma non badarci: se trovi aperta la porta del piccolo bar ordina subito una caña e siediti ai tavolini fuori a osservare il tramonto che colora di irreale le onde dell’oceano.

Da un anno circa anche Las Puntas ha il suo supermercato, proprio di fronte alla fermata del bus.

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